1973 -Suzuki: Donne e Motori....











Negli anni ’70 la Suzuki viene ricordata per due cose. La prima: il lancio della GT 750 che rappresentava l’ingresso aziendale nel “mondo delle grandi moto”. Dotata di un tre cilindri in linea da 738 cc, portò la novità del raffreddamento a liquido e le pareti completamente “lisce” dei cilindri .

La seconda fu la sua pubblicità. Quando non ci si poneva nella comunicazione il problema del sessismo (adesso sì?) e quindi della donna oggetto, anzi rifacendosi a quella dissacrazione comunicativa anni ’70 dove ogni prodotto maschile era destinato all’uomo “che non deve chiedere mai”, la Suzuki lanciò questa pubblicità “comparativa” tra una donna e la sua moto… Chi dei due era più prestante e affidabile?

La donna (a seconda Milena, Zelda o Cristina) era così descritta“Ritorno dalla caccia. Corpo che si offre nel gioco dell’abbandono. E certezza che lei è sempre lì. Sempre. Il perdono dopo l’avventura”.
“Donna su cui appuntare emozioni e amore”.

La moto invece: “Freno anteriore a disco con comando idraulico. Freno posteriore meccanico a doppia ganascia. Sospensioni e telaio a perfetta tenuta di strada…”.

 

1973-mag-motociclismo-13Quindi chi era più affidabile e a seconda di quale esigenza? La moto come donna o la donna come moto e quindi oggetto?
“Donne e moto sono tutte uguali ma qualcuno è più uguale.”

Se come dice Marlon Brando a Frank Sinatra nel film Bulli e pupe“una pupa è una pupa: ognuna è tutte” si dovrebbe dedurre che le donne sono tutte uguali,  la Suzuki no.

Ma la pubblicità gioca proprio su questo ironico e amletico dubbio… in realtà, ci mancherebbe, nessuna azienda seria e intelligente compararebbe la donna con un oggetto e spero che questo si sia capito.

Ma questo claim ha fatto epoca… e qualcuno dei più grandicelli ricorderà sicuramente le bellissime foto piene di malizioso e velato erotismo scattate dal maestro Franco Turcati di Torino.

Lo stesso Turcati, gentilissimo, mi ha precisato:

“La creazione è stata fatta dall’agenzia OFF, Art Angelo Agosti, Copy Wilma Cino. Era un’ottima piccola agenzia. Questa campagna è stata la prima condannata dal Giurì dell’autodisciplina perché – secondo loro – offendeva la donna. Wilma Cino aveva preso spunto dalla canzone di Bruno Lauzi: si parlava di donne e motori…”

Turcati, tra l’altro, fu autore in toto della precedente campagna Suzuki : Io Suzuki. E tu? che era stata un grande successo..

70s' - L'omm e omm....


Negli anni 60/70 la pubblicità italiana capì che la “liberazione” poteva essere “strumentalizzazione”...e nonostante la rivoluzione sessuale fosse per entrambi i sessi, la pubblicità di quegli anni puntava ancora molto su l'amante italico latino, orientandosi sulla sua virilità.
Mi viene da pensare ai modelli maschili efebi offerti dalla pubblicità di oggi pieni di matita sugli occhi....

L'uomo vero veniva "plasmato" fin da piccolo  a metà anni 60...


... ma negli anni 70 si ha la consacrazione dell' "omm"....il vero uomo, quelli che non conosceva
"Mohito" o "Negroni sbagliato"...il vero uomo, l'uomo forte, quello col pugno di ferro, samurai,  beveva "L'Amaro Petrus"





L'uomo forte, però, ci teneva anche a far sapere che non è vero che l'omm è omm e ha da puzzà,...anzi usa  L'Atkinson perchè quando un uomo decide è per sempre....o "il gusto di possederla" con l'acqua di colonia Dimensione Uomo.
Strascichi del machismo anni 70 li troviamo anche negli anni '80.
Con quale pubblicità? Ovviamente questa....





1973- Mattel: Big Jim il vero fidanzato di Barbie.












Con questo post esco dal seminato delle intenzioni di questa rubrica: ovvero dare il giusto lustro alla creatività italiana dell’advertising negli anni 60-70-80, le tre decadi d’oro della pubblicità.

Parlando di quegli anni però, non potevo esimermi di parlare di lui.
Certo le “sue pubblicità” non erano un gioiello di creatività, ma hanno avuto il pregio di durare 16 anni consecutivi, accompagnandoci (per chi è nato negli anni ’70 come il sottoscritto) per tutta l’infanzia, sulle pagine del settimanale Topolino.

big_jimSto parlando di Big Jim:”l’omm”, da molti ricordato come il vero fidanzato – seppur ufficioso – di Barbie… l’alternativa a quel fighetto androgino di Ken.
L’uomo vero, come ci veniva inculcato in quegli anni dalle sue pubblicità (alla faccia delle polemiche odierne sulle pubblicità sessiste e sulla “gender neutrality” dei giocattoli), non poteva essere biondino e androgino né indossare polo bianche ma solo camicie a quadri da boscaiolo, e non giocava a tennis ma solo a calcio, al massimo karate.
Inoltre poteva essere vaccaro (cow boy), calciatore, taglialegna… insomma protagonista “attivo” di mille avventure. Bastava pigiare il tasto nella schiena per fargli fare con un braccio destro un colpo di karate o un pugno ben sparato.

Nato nel ’72 nelle aziende Mattel come concorrente dei C.I. Joe della Hasbro, ma arrivato in Italia a fine 1973, divenne amatissimo da tutte le mamma e papà, proprio perché a differenza dei concorrenti, non era militarizzato (i C.I. Joe in Italia non hanno mai avuto successo, probabilmente a causa di pubblicità degne delle migliori americanate, con tanto di esplosioni ed elicotteri che precipitano).

L’Italia regalò a questo personaggio un successo straordinario, più di quello riscosso nella sua Patria d’origine: l’italiano medio, i papà dei fruitori del giocattolo, si identificavano idealmente nel personaggio e nel racconto delle sue avventure. Ed ebbe talmente successo che la modenese Panini gli dedicò un album di figurine tutto per lui.

Fiorirono fumetti, giochi da tavolo, linea di abbigliamento e molto altro merchandising. Tutto intorno a Big Jim, un uomo vero senza sopracciglia rifatte.
Ma erano altri anni…

Di seguito una galleria delle primissime pubblicità italiane, quelle del 72/73, quando la scritta BIG JIM non era ancora prospettica e tridimensionale, e quando il claim era “ Sentiti grande“… ovvero “un vero BIG”!

70's - Fanta: un mondo di allegria







Tralasciando le origini della Fanta, nata da una serie di prodotti non di primissima qualità in Germania dal dirigente della Coca-Cola tedesco Max Keith nel periodo nazista a causa della carenza dei viveri (ma che comunque potete andare a leggere in questo interessante articolo sul fattaccio), mi soffermo con un breve pensiero personale sulla pubblicità del prodotto, nel periodo anni ’70 e della sua grafica che richiama chiaramente lo stile “lisergico” dei disegni fatti da Heinz Edelmann per il film a cartoon Yellow Submarine con protagonisti i mitici Beatles.

Sarebbe interessante sapere il perché del chiaro richiamo all’LSD, suggerito non solo dai disegni ma anche dal claim urlato dalle vistose bocche sorridenti con gambe sottili: “è l’aranciata d’arancia che vi fa sognar… Fanta è un mondo d’allegria”.

Che l’arancia in natura contenga l’acido lisergico oltre alla vitamina C? Fatemi sapere.

Curiosità
La prima produzione di Fanta in Italia fu affidata in esclusiva allo stabilimento della Coca Cola a Napoli…



1967 - Birra Peroni: Chiamami Peroni, sarò la tua Birra.

Solvi Stübing

Solvi Stübing in piena simbologia fallica
idem come sopra


Parlando di spirito trasgressivo e della rivoluzione giovanile che conduce gli anni  dal ’68 al ’77, la Piaggio dà il via dal 1969 in poi, ad una delle campagne pubblicitarie italiane con il claim più famoso di sempre: “Chi Vespa mangia le mele“, sviluppando addirittura una nuova forma di linguaggio, per farsi sentire dai giovani ed essere parte del loro mondo…

La Piaggio aveva capito che la rivoluzione giovanile e i giovani che ne facevano parte erano il nuovo target di quegli anni. Creò neologismi usati come tormentoni tra i ragazzi, in uso da parte degli aficionados ancora oggi.

Vespare viene usato infatti dai patiti di questo scooter per definire il giro e la vacanza fatta con esso, tipo “vado a vespare a Rimini”. Ai tempi però, “vespare” era diventato sinonimo di “petting”… da qui l’accostamento alla mela e il frutto del peccato e della trasgressione che rappresenta, è vicino.

La seconda parte della decade sfrutta il successo delle campagne precedenti, sottolineando sempre la mela ma nei giochi di parole, come “Mela compro la Vespa!”.

Si giocherà poi anche sul concetto di libertà delle due ruote in confronto alle automobili chiamate “Sardomobili” per accostarle alle sardine nella scatola del traffico. Quindi la Piaggio che è venuta poi era potatrice del seguente concetto: niente traffico e un forte spirito ecologista.

L’agenzia artefice di tutto questo era la Leader di Firenze capeggiata da Gilberto Filippetti, art e copy della campagna.

 

Curiosità:

  • Filippetti si disse sorpreso che avessero accettato la sua pubblicità, infatti a suo dire il consiglio di amministrazione Piaggio dell’ epoca era over 70!
  • Vasco Rossi cita il claim nella canzone “Bollicine
  • In America, dato che il gioco di parole sulla mela  era intraducibile, lo slogan era: “Forse la vostra seconda automobile non dovrebbe essere un’automobile”

1969 - Piaggio: Chi Vespa Mangia le mele




Parlando di spirito trasgressivo e della rivoluzione giovanile che conduce gli anni  dal ’68 al ’77, la Piaggio dà il via dal 1969 in poi, ad una delle campagne pubblicitarie italiane con il claim più famoso di sempre: “Chi Vespa mangia le mele“, sviluppando addirittura una nuova forma di linguaggio, per farsi sentire dai giovani ed essere parte del loro mondo…

La Piaggio aveva capito che la rivoluzione giovanile e i giovani che ne facevano parte erano il nuovo target di quegli anni. Creò neologismi usati come tormentoni tra i ragazzi, in uso da parte degli aficionados ancora oggi.

Vespare viene usato infatti dai patiti di questo scooter per definire il giro e la vacanza fatta con esso, tipo “vado a vespare a Rimini”. Ai tempi però, “vespare” era diventato sinonimo di “petting”… da qui l’accostamento alla mela e il frutto del peccato e della trasgressione che rappresenta, è vicino.

La seconda parte della decade sfrutta il successo delle campagne precedenti, sottolineando sempre la mela ma nei giochi di parole, come “Mela compro la Vespa!”.

Si giocherà poi anche sul concetto di libertà delle due ruote in confronto alle automobili chiamate “Sardomobili” per accostarle alle sardine nella scatola del traffico. Quindi la Piaggio che è venuta poi era potatrice del seguente concetto: niente traffico e un forte spirito ecologista.

L’agenzia artefice di tutto questo era la Leader di Firenze capeggiata da Gilberto Filippetti, art e copy della campagna.

 

Curiosità:

  • Filippetti si disse sorpreso che avessero accettato la sua pubblicità, infatti a suo dire il consiglio di amministrazione Piaggio dell’ epoca era over 70!
  • Vasco Rossi cita il claim nella canzone “Bollicine
  • In America, dato che il gioco di parole sulla mela  era intraducibile, lo slogan era: “Forse la vostra seconda automobile non dovrebbe essere un’automobile”

1973 - Jesus Jeans




Correva l’anno 1973, dove si respirava ancora appieno la rivoluzione giovanile sessantottina. Tra i nostri politici andava di moda l’espressione “azione mirata” mentre in realtà le azioni mirate  le facevano grosse industrie tedesche di detersivo che si insinuavano in Italia dove le aziende locali snobbavano i prodotti da pulizia per concentrarsi sul settore dell’ abbigliamento.

Una di queste, l ‘allora sconosciuto Maglificio Torinese, commissionò all’agenzia pubblicitaria “Italia” (unica agenzia italiana operante in Italia insieme ad Armando Testa) il lancio dei sui jeans con marchio Jesus (dal nome già blasfemo e dissacratorio, ma molto di moda all’epoca grazie ad un musical americano proprio di quel periodo ) con due soggetti femminili in short, ripresi dal basso vita in giù con vista panoramica sia posteriore che anteriore.

Le foto realizzate da Oliviero Toscani insieme agli headline “Non avrai altro jeans all’infuori di me” e il più celeberrimo “Chi mi ama mi segua” di Emanuele Pirella, fecero scoppiare lo scandalo con una campagna iniziata dall’Osservatore romano e finita con la denuncia dell’ allora pretore di Palermo Vincenzo Salmeri. Tutto questo, ovviamente, a beneficio del marchio che venne consacrato a mito di “ribellione” dai giovani.

Curiosità:

  • Dopo il fallimento della casa nel 1994 il 25 dicembre 2000, Boglione rifonda ufficialmente la Jesus Jeans e nel 2011, il marchio viene rilanciato sul mercato con una sfilata a Palazzo Pitti rimanendo comunque un prodotto di nicchia.
  • Qui un’intervista ad Oliviero Toscani sul caso in questione.

Jesus jeans
Agenzia: Italia
Art: Emanuele Pirella
Photo: Oliviero Toscanijesus-jeans-slogan1