1987 – Saiwa: Chi non ricorda Mister Banana?



Molti di voi avranno ancora impresso nella memoria il nome e il volto del personaggio/tormentone, indimenticabile protagonista dello spot Saiwa: Mister Banana.

Occhialoni e pettinatura bizzarra, silente per tutta la durata dello spot, per urlare alla fine il suo stralunato: “Io non ho mai provato Urrà!“.

Il messaggio era semplice: se non acquistavi Urrà eri il prototipo dello sfigato, proprio come lui…

Questo accadeva negli anni ’80: oggi invece, come nel famoso film Revenge of the Nerds (1984) diretto da Jeff Kanew, persone come Mister Banana hanno avuto la loro rivincita e sono diventate di gran moda. Anziché chiamarsi nerd o soggettoni, ora si chiamano geek e hipster e proliferando negli ambienti radical-chic.

Lo spot divenne un vero è proprio tormentone negli anni ’80, e il claim entrò prepotentemente nel linguaggio comune.

L’agenzia pubblicitaria, la McCann-Erickson di Grazia Usai e Maurilio Brini, mentre la regia era di Giulio Paradisi.
Mister Banana invece era interpretato da Fabio Bussotti, attore di teatro il quale ha rivissuto l’esperienza di quel celeberrimo spot in un intervista rilasciata ad Alessandro dell’Orto per la sua rubrica “Soggetti Smarriti” sul giornale Libero, della quale riprendiamo un breve scambio di battute.


«Sono a Pescara in tournée teatrale, mi chiamano quelli dell’agenzia, dicono che c’è da fare un provino per la pubblicità. Torno a casa per una doccia, ma sbaglio qualcosa: lo shampoo è strano e i capelli mi diventano vaporosi. Troppo, sembrano Blob.
Arrivo per il provino e tutti si mettono a ridere, mi fanno dire un paio di cose ed è fatta. Appuntamento alla settimana successiva».



Quanti giorni sono necessari per preparare la pubblicità Urrà?
«Un pomeriggio! Quattrocento ciak per registrare quattro spot tutti differenti, due brevi da 15 secondi e due da 30 secondi».

Parliamo del look. I capelli sono i suoi. Gli occhiali?
«No, me li prestano. Però sono veri e il risultato è che non vedo praticamente nulla. La telecamera, poi, per fare un primo piano buffo, mi riprende a un centimetro dal viso ed è una sofferenza».

Ma funziona.
«È uno spot pensato bene, innovativo e organizzato da grandi professionisti. La settimana successiva mi chiama la Saiwa: «Bussotti, siamo preoccupati perché sono state triplicate le vendite e non ci sono abbastanza prodotti da distribuire!».

Lei ha guadagnato molto?
«Quattro milioni netti, tantissimo per quel periodo».

E grande notorietà.
«La gente, in quel periodo, mi guarda in modo strano. Si aspetta di trovarsi di fronte uno sfigato, crede che io sia proprio così. E quando capiscono che in realtà ho solo recitato una parte, quasi quasi ci restano male. Ma quella volta a Genova…».

Che succede?
«Mi invitano a visitare la Saiwa e appena entro negli stabilimenti scatta un lungo applauso degli operai. Trattato come una star».

Curiosità stupida: a lei piacevano quei biscotti?
«Mamma li teneva in frigorifero e sopra il cioccolato si formava una strana patina bianca. Li mangiavo, ma con sospetto».

Mister Banana ha avuto così successo che c’è chi ha millantato di essere Fabio Bussotti.
«Qualche anno fa, una sera, vengo sommerso di sms. Su Rai1, scrivono, c’è un tizio che si spaccia per me nel programma “I Migliori Anni” di Carlo Conti.»”


Quando c’è una buona pubblicità, se ne parlerà – nel bene e nel male – anche negli anni a venire creando svariati epigoni. Addirittura in quegli anni alcune persone venivano acconciate come “mister Banana” spacciate per quello vero, per eventi o serate in discoteca.

È interessante analizzare questo spot e pensare alle reazioni che scaturirebbe se venisse realizzato e trasmesso oggi.
Il politically correct vieterebbe di deridere una determinata categoria di persone, solo perché non consumatori di un dato prodotto dolciario. Andrebbe incontro alla censura o ancora peggio da autocensura.
Forse è proprio questo il motivo per cui le agenzie di pubblicità non fanno più dell’ironia: come quella dissacratoria degli anni 70, o sociale degli anni 80, il cavallo di battaglia della comunicazione pubblicitaria.



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Curiosità

Tutti sanno che Gabriele D’annunzio nel 1917 aveva battezzato con il nome La Rinascente l’azienda di grandi magazzini milanesi, ma pochi sanno che anche l’acronimo Saiwa (Società Accomandita Wafer Affini) è una sua creazione.

Al momento della messa in onda dello spot, la Saiwa non riuscì a coprire la domanda dei consumatori del prodotto.

Sotto, una pubblicità primi anni ’70.
(fonte rete)



Grazie a Valentina Cinelli-Articolo pubblicato inizialmente da "Tiragraffi".

1 commento:

  1. Saluti!
    Grazie per aver prestato attenzione al mio avviso.
    Data la sua importanza, questo avviso è sovvenzionato in modo che arrivi alla persona giusta.
    Sono Ana María, di Tarragona, ammiraglio in pensione, in terapia intensiva per malattia.
    A causa di questa malattia e di ciò che rivelano i miei esami medici, la mia sopravvivenza è limitata.
    Poiché non ho famiglia, il mio padre ecclesiastico e guida spirituale mi raccomanda di donare la mia eredità per ottenere il favore divino per le attività in cui sono stato coinvolto durante la mia carriera.
    A tal fine, desidero collocare il mio bichon Mila, che è stato la gioia della mia vita negli ultimi anni, presso una famiglia, e una somma di 317.000 euro che, oltre a fornire le cure necessarie per Mila, sarà utilizzata per aiutare i bambini poveri e i senzatetto.
    Per aiutarmi a compiere questa missione, vorrei chiedere a chiunque sia interessato di contattarmi via e-mail per una conversazione franca e onesta.
    Grazie mille.
    anamariajulio38@gmail.com

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