1973 – Brioschi: Alla Salute! Una lezione pubblicitaria controcorrente



L’anno è il 1973: la guerra nel Vietnam è finita ma in Italia inizia quella dell’Austerity.

L’azienda Bisleri decide di promuovere il suo amaro a base di citrato di ferro e china – il “Ferrochina” – tramite il circuito periodico delle riviste. La comunicazione è innovativa, più lunga del solito, “dilatata” in 5 punti, dove ogni step è un claim a se stante e la spiegazione che ne consegue è esposta in maniera estesa ma schietta, quasi confidenziale, come un dialogo tra amici davanti ad una buona bottiglia di amaro quando ci si fa un “bicchierino”. (notare l’”eh” informalissimo che chiude la domanda iniziale del primo punto).
Il tono informale viene dato anche dall’immagine del prodotto, non fotografato come da prassi bensì illustrato a tratto dall’artista Owen Wood (unica sua incursione nel mondo pubblicitario).

Una trovata promozionale che va a rompere le regole ferree della pubblicità stessa dove il concetto del prodotto deve essere contenuto in un claim di poche parole. Archetipo ancora più estremizzato in quest’epoca odierna abituata ad esprimersi in 140 caratteri, grazie a regole imposte dai cinguettii social e dagli sms telefonici (che nessuno usa più, sia chiaro).
La pubblicità, ispirata dalla cornice del mondo che ci circonda e che pochissime volte riesce a preannunciarla, ha imparato benissimo la lezione, facendola propria e alcune volte estremizzandola fino a renderla incomprensibile ai più (i pensi ad alcuni claim dei profumi) usando un banale fanta-linguaggio.

Non bisogna però pensare che all’epoca tutte le pubblicità fossero composte da testi tendenti a dilungarsi; a tal proposito la scelta del protrarsi sulle spiegazionidelle qualità benefiche del prodotto, seppur in modo informale, vennero spiegate egregiamente dall’Art Director Elvezio Ghidoli della Cpv Kenion e Eckardt che si occupò di questa campagna.


“È buono e fa bene” si può dire in cinque parole. O in cinquemila. Le cinque parole sono più facili da scrivere. Più facili da leggere.
E più facili da dimenticare.
Così ne abbiamo scritte molte, molte di più. Un testo non facile da scrivere. Difficile da leggere.
Impossibile da ricordare a memoria. Ma, in compenso, più convincente
e credibile di “è buono e fa bene”.
Spesso uno scrive cinque parole perché ha fretta di vendere.
Forse crede che la gente abbia fretta di acquistare.

Una lezione che, con la moda dello slow eat and beverage in voga oggi in determinati ambienti – specialmente per dei prodotti alcolici rivolti consumatori non più giovani – andrebbe assolutamente ripresa.

In fondo viviamo in un epoca dove vige la “riscoperta” (mai l’originalità) di tutto, da parte di copy e art shabbychic.
Forse quindi bisogna solo aspettare.

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