“Thinsemal”: quando una pronuncia sbagliata fece la storia della pubblicità italiana
Dallo spot cult degli anni ’80 al marchio con l’H misteriosa: storia e curiosità sulla carne in scatola Simmenthal, icona pop della tavola italiana
Chi ha vissuto l’infanzia negli anni Ottanta non può dimenticare Luca, il bambino protagonista di uno degli spot più celebri della televisione italiana. Con voce tenera e un’inflessione infantile irresistibile, chiedeva alla mamma:
«Mamma, mi dai la Thinsemal?»
Un errore di pronuncia diventato subito un tormentone generazionale, tanto da essere ricordato ancora oggi come uno dei casi pubblicitari più riusciti e amati. Ma dietro quella storpiatura involontaria si nasconde una storia tutta italiana, fatta di intuizioni imprenditoriali, scelte di marketing intelligenti e un prodotto rimasto pressoché invariato per oltre un secolo.
La Simmenthal nasce nel 1923 per iniziativa di Gustavo Venosta, imprenditore milanese con un’idea rivoluzionaria per l’epoca: confezionare carne bollita in gelatina aromatica, in modo da garantirne la lunga conservazione senza refrigerazione. Un vero "bollito pronto", pensato per semplificare la vita in cucina. Il primo stabilimento aprì a Montana di Macherio, in provincia di Monza e Brianza, e il successo fu immediato.
Il nome Simmenthal è una rielaborazione italiana del termine tedesco “Simmental”, che indica la valle del fiume Simme, nel Canton Berna, in Svizzera. In tedesco, “Tal” significa “valle”, quindi Simmental si traduce letteralmente in “valle del Simme”. Venosta aggiunse una “H” finale per italianizzare il nome, conferirgli una sonorità più forte e straniera (cosa che all’epoca trasmetteva prestigio), e soprattutto registrare un marchio unico e riconoscibile. Una scelta che si rivelò vincente anche dal punto di vista grafico e commerciale.
La carne utilizzata è bovina magra, principalmente muscolo, cotta e immersa in una gelatina aromatica a base di brodo vegetale. Questa gelatina, oltre a donare sapore, svolgeva originariamente un ruolo fondamentale: conservare la carne senza bisogno del frigorifero. Ogni scatoletta contiene circa 80 grammi di prodotto, con un contenuto dalla forma inconfondibile: uno sformato rosa di carne circondato da gelatina giallo-trasparente. Un’immagine impressa nella memoria collettiva di intere generazioni.
Lo spot in cui Luca chiede alla madre la carne Simmenthal, pronunciandola “Thinsemal”, andò in onda per la prima volta nel 1983, realizzato dall’agenzia JWT Italia (J. Walter Thompson). Il piccolo attore si chiamava davvero Luca, ma il cognome non è mai stato reso noto per motivi di privacy. La scena, ambientata in cucina, era semplice e quotidiana. Eppure colpì nel segno. La pronuncia sbagliata non fu corretta né doppiata: era autentica, frutto della difficoltà naturale di un bambino nel pronunciare un nome inconsueto. Ma fu proprio quella spontaneità a conquistare il pubblico e a trasformare lo spot in un piccolo cult televisivo.
A rafforzare la riconoscibilità del prodotto contribuì anche il suo celebre packaging: la scatoletta rossa con il toro dorato stilizzato al centro è diventata uno dei simboli più iconici dell’alimentare italiano. Il toro, simbolo di forza ed energia, rappresenta la qualità del prodotto e la solidità del marchio. Il logo è rimasto praticamente immutato per decenni, a testimonianza di un’identità visiva forte e duratura.
Non tutti ricordano, infine, una curiosità legata agli anni Settanta: esisteva un gadget promozionale Simmenthal pensato per i bambini, una riproduzione giocattolo della scatoletta che, se capovolta, emetteva un muggito. Un oggetto bizzarro e divertente, molto popolare all’epoca, oggi diventato piccolo oggetto da collezione.
La storia della Simmenthal è quella di un prodotto nato da un'intuizione semplice ma efficace, capace di diventare un’icona del Made in Italy non solo per la sua praticità e il gusto inconfondibile, ma anche grazie a una comunicazione pubblicitaria che ha saputo entrare nella memoria — e nella lingua — degli italiani.
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