L’anno che correva era il 1986. L’anno di Chernobil, dei missili di Gheddafi, di Platoon al cinema e dell’acquisto dell’Alfa Romeo da parte della Fiat.
Era però anche l’anno in cui il fumetto d’autore si faceva più “popolare”, nel senso che raggiungeva non più solo un pubblico di “aficiodanos”. Nomi come Manara, Crepax, Pazienza, Pratt – grazie alle riviste contenitori (non si chiamavano più giornalini) come Linus, Corto Maltese e Comic Art – erano conosciuti ai più e considerati autori di narrativa, anche da quella classe italiana più snob e intellettuale.
La Unilever decide così di puntare su questo media, coinvolgendo i suddetti autori partendo da quelle e altre riviste, per pubblicizzare il suo famoso shampoo antiforfora Clear (nato nel 1981).
Il plot era molto semplice: una storia a fumetti sviluppata in due strisce orizzontali, una sopra e l’ altra sotto (quindi con i giusti ridimensionamenti, o su mezza pagina o su doppia pagina), dove il protagonista doveva trovare il modo di togliersi la forfora “di torno”.
Il fumetto giocava sugli equivoci e solo alla fine si scopriva che si parlava del fastidioso problema del cuoio capelluto.
Ovviamente il cannovaccio veniva interpretato liberamente dagli autori coinvolti, dove ognuno di loro metteva il proprio segno, la propria sensibilità e il proprio stile narrativo nella campagna stampa.
L’idea della pubblicità a fumetti non era di certo nuova ma queste campagne stampa sono, secondo me, il più alto esempio di esemplificazione del rapporto tra due diversi media: fumetto e pubblicità.
Se consoderiamo uno short televisivo pubblicitario come un minifilm, credo sia inevitabile che il fumetto, in quanto “narrazione sequenzale per immagine” come diceva Eisner, e la pubblicità si incontrassero.
A rafforzare questo concetto, nel 1986 la Clear distribuì in un padiglione personale al Salone del fumetto di Lucca, una delle più importanti manifestazioni dedicate alla nona arte, delle cartoline raffiguranti le storie illustrate con allegato un flaconcino prova del prodotto. Tutto questo molto prima della moda di fine anni ’90 di usare card promozionali come veicolo pubblicitario
La pubblicità aveva come target il “popolo dei fumetti”, riconoscendone la potenzialità consumistica ed elogiandone la sua arte e chi, più degli autori coinvolti, poteva esprimere al meglio questo concetto.
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