Negli anni Ottanta, quando l’Italia stava scoprendo le tv private, i cartoni animati giapponesi e i primi videogame da bar, comparve sugli scaffali delle edicole e dei supermercati un prodotto che sarebbe diventato un’icona pop: la Big Babol. Lanciata in Italia nel 1980 dalla Perfetti Van Melle, storica azienda dolciaria lombarda con sede a Lainate, la Big Babol nasceva con un’idea semplice ma geniale: creare una gomma pensata per i bambini e i ragazzi, molto più grande e morbida delle chewing gum americane, capace di fare palloni enormi. Il nome stesso – “Babol”, italianizzazione ironica di “bubble” – e il packaging coloratissimo strizzavano l’occhio al pubblico giovane, promettendo divertimento immediato.
Il successo fu esplosivo. Perfetti investì molto in pubblicità, puntando su spot televisivi dal ritmo serrato e su grafiche pop che richiamavano fumetti e cartoni animati. “Fai un pallone così!”, recitavano gli slogan, mentre sullo schermo ragazzini entusiasti gonfiavano bolle gigantesche come superpoteri. La Big Babol divenne presto un rito di passaggio infantile: chi riusciva a fare il pallone più grosso acquisiva automaticamente lo status di leader del gruppo.
Dopo il boom italiano, la gomma fu esportata in tutta Europa e perfino in Asia e Sud America, imponendosi come uno dei marchi più riconoscibili della Perfetti. Negli anni Novanta arrivarono le varianti al gusto fragola, cola, frutti tropicali e liquirizia, ognuna con un packaging sgargiante. In quel periodo la Big Babol entrò definitivamente nell’immaginario collettivo, al pari di altri simboli generazionali come l’Ovetto Kinder, le merendine del Mulino Bianco o le figurine Panini.
Negli anni del suo massimo splendore era molto più di una semplice gomma: era un simbolo di infanzia e leggerezza, un accessorio quasi identitario. Entrò nelle collezioni di gadget, comparve nei fumetti e nei racconti dei ragazzini cresciuti a palloncini rosa, e il suo nome divenne sinonimo stesso di chewing gum gigante, tanto da entrare nel linguaggio comune.
Con l’inizio del nuovo millennio, però, qualcosa cambiò. Le nuove politiche alimentari, l’attenzione crescente verso la salute e la demonizzazione dello zucchero colpirono in pieno la Big Babol. La concorrenza di prodotti sugar-free e di marchi internazionali come Hubba Bubba ridusse il suo spazio sugli scaffali, mentre le campagne pubblicitarie persero mordente. Pur rimanendo sul mercato, la Big Babol cessò di essere la star incontrastata delle merende.
Oggi esiste ancora, sempre prodotta da Perfetti Van Melle, ma ha perso la forza mediatica di un tempo e vive soprattutto come marchio nostalgico. Si trova nei supermercati e nei bar, ma soprattutto nei ricordi di chi è cresciuto tra gli anni Ottanta e Novanta. Rimane un feticcio generazionale, spesso citato sui social come simbolo di quell’epoca.
La sua storia è arricchita da una serie di aneddoti curiosi. Negli anni Ottanta, ad esempio, pacchi interi di Big Babol venivano usati come premio in trasmissioni televisive locali per ragazzi. In Francia, dove era commercializzata come “Big Babol Bubble Gum”, divenne un vero fenomeno da cortile, con scambi e sfide a chi faceva la bolla più grande. Nel 2012 fu lanciata una versione senza zucchero, ma i nostalgici protestarono: “senza zucchero non fa gli stessi palloni”, scrivevano nei forum. C’è perfino un Guinness World Record legato al marchio: un ragazzo italiano negli anni Novanta riuscì a gonfiare con una Big Babol una bolla di oltre sessanta centimetri di diametro. Non a caso alcuni artisti pop contemporanei hanno usato le confezioni vintage come elemento estetico nelle loro installazioni, a testimonianza del peso culturale di una gomma che ha fatto storia.
Negli anni Ottanta, la Big Babol si trasformò in un fenomeno pubblicitario grazie alla partecipazione di due figure del mondo dello spettacolo italiano. Dal 1979 al 1982, la showgirl Daniela Goggi fu l’amatissima testimonial del prodotto, interprete del celebre jingle “Mastichiamo, mastichiamo, mastichiamo Big-Big Babol…” che divenne subito un tormentone estivo e televisivo Wikipediarebusmultimedia.net. In quegli anni, la sua presenza contribuì alla diffusione virale delle gomme: spot trasmessi in tv, presenze su riviste come Topolino e un’identificazione del marchio con il suo volto e la sua voce
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