Il doppio segreto di Star
Quando la pubblicità italiana scoprì il gusto della modernità
C’è stato un tempo in cui il brodo non era solo una cosa da cucinare, ma un’idea da comunicare. Era la metà degli anni Settanta e sulle riviste patinate faceva capolino una promessa semplice e rassicurante: “Solo Star ha il segreto del doppio brodo”. In quella frase si condensava mezzo secolo di cultura pubblicitaria italiana, passata dall’arte illustrata all’industria del consumo di massa, dalla retorica del progresso al linguaggio confidenziale della casa.
Nata nel 1948 a Gaggiano, alle porte di Milano, la Star capì molto presto che il suo vero prodotto non era solo il dado, ma l’immaginario che lo circondava. Con l’invenzione del “Doppio Brodo”, l’azienda trasformò un semplice concentrato di carne in un simbolo di efficienza domestica e di fiducia nel progresso. Non a caso, la cuoca sorridente che custodiva il baule verde — la “fata del brodo”, come qualcuno l’avrebbe chiamata oggi — divenne uno dei volti più riconoscibili della pubblicità italiana.
L’illustrazione di quella donna, rassicurante e moderna al tempo stesso, firmava le campagne su Epoca e La Domenica del Corriere accanto ai manifesti che proclamavano: “Il brodo? Io me lo faccio doppio”. Siamo nel pieno del boom economico: la cucina cambia, il tempo si accorcia, la pubblicità deve parlare alle nuove casalinghe della TV. Star lo capisce prima di molti altri marchi: semplifica, ironizza, colora.
A testimoniarlo, anche l’immagine — oggi deliziosamente retrò — del furgoncino Star che attraversa le vie italiane come un simbolo di efficienza industriale e fiducia nel futuro. In quel bianco e nero d’archivio si legge una promessa di modernità: la fabbrica che entra in casa, il marchio che diventa abitudine.
Negli anni successivi, tra gli Ottanta e i Novanta, Star rinnova il proprio linguaggio senza rinnegare la sua identità visiva: nasce il Dado Ricco, la cuoca torna in versione più luminosa, e la collaborazione con la ristorazione di qualità — come la celebre campagna con lo chef del ristorante “El Toula” — testimonia la transizione dal linguaggio della famiglia a quello del gusto.
Oggi quelle immagini, rilette con occhi vintage, raccontano molto più del prodotto: parlano di un’Italia che imparava a fidarsi della pubblicità, e di una pubblicità che imparava a parlare come una persona. Perché, dopotutto, senza quel “doppio brodo” non ci sarebbe stato neanche un futuro di comunicazione così saporito.
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