70's -Tabacco d'Harar - Il profumo preferito da Luciano Calboni il collega di Fantozzi....

“…era il più odioso dei suoi colleghi d’ufficio. Calboni era un disinibito, odiosissimo, stronzo, stupido, bugiardissimo e fastidiosamente profumato con tabacco D’Harar. Barzellette, giochi d’abilità e avventure sessuali rivoltanti erano il suo ignobile repertorio…”

Così ci viene presentato Luciano Calboni nel libro Fantozzi di Paolo Villaggio del 1974; ma cosa era il “Tabacco d’harar”, il profumo citato nel pezzo?

Prima del Denim, prima dell’uomo che non deve chiedere mai, c’era lui: il Tabacco d’Harar, Profumo maschile molto forte e virile, gradevole alle donne di molti anni fa e amato dai veri uomini.

Il profumo dell’italiano vero o per lo meno di come lo si immaginava in quegli anni. Per questo Paolo Villaggio lo scelse per il suo personaggio, perché, per chi non lo conoscesse, Luciano Calboni rappresenta l’italiano medio di quegli anni: un po’ tronfio e donnaiolo.

 

Tornando al profumo:

Fu creato da Giuseppe Visconti di Modrone, industriale tessile, imprenditore e dirigente sportivo italiano nonché padre del più conosciuto Luchino Visconti.
Duca di Grazzano Visconti e Conte di Lonate Pozzolo, fu grande amico di Grabriele D’Annunzio: si dice infatti che molti nomi dei profumi prodotti da GI.VI.Emme (le iniziali dei nomi del duca divennero il marchio delle sue creazioni) furono inventati dal grande, originale ed eccentrico artista.
L’azienda Gi.Vi.Emme fu fondata negli anni Trenta e oltre a Tabacco D’Harar, creò tantissimi altri profumi di elevato successo e prestigio come Acqua di Selva, Fresco, Contessa Azzurra e Giacinto Innamorato (nomi come si può constatare decisamente originali e poetici che vanno ad alimentare la leggenda secondo cui furono “coniati” da D’Annunzio).

La fragranza è virile e possente, cada e persistente nei limiti (dato che è comunque Colonia).
( fonte riad. Da 99offcoupons.eu)

Ovviamente i claim erano tarati sulla capacità del profumo, abbinato al machismo di chi lo indossava, nel riuscire a far “possedere una donna” e ad avere successo nella vita.

“Ogni giorno un fascino nuovo… PER LEI.”
“INSIEME: le piace il tuo carattere di uomo giovane e moderno, la tua colonia!”
“INSIEME: non servono parole…” ( vi ricorda l’uomo che non deve chiedere mai?


anni 60
















1985 -Pioneer - Quando si parlava del concorsone, non era quello per il personale docente...

Il concorsone nel 1985 non era quello dei docenti, bensì quello della Pioneer… beh, non c’era la disoccupazione e la crisi di adesso ma c’erano comunque altri problemi che, con garbo, satira e ironia,  proprio la pubblicità del “concorsone Pioneer” illustrava.

Frasi d’impatto pronte a divenire subito un must di comunicazione (ovviamente con  emuli che si vedono tuttora).
Lele Panzeri, l’art di questa campagna insieme al compianto Baldoni al copy, nel suo libro “C’ero una volta” racconta che la signora Martinetti, presidente allora della Pioneer,  fu  così entusiasta dell’ idea al punto da “ingrandire” il budget della campagna.

Ma andiamo a vederli uno alla volta.


1984, 16 ottobre: il pretore di Torino dispone la disattivazione e il sequestro degli impianti di interconnessione dei tre network Fininvest in Piemonte. Analogo provvedimento adottano il pretore di Roma e quello di Pescara nelle rispettive regioni.

Nel 1986 Giuseppe Casalbore, pretore di Torino,vuole oscurare la Fininvest per Sleale Monopolio televisivo e dice a riguardo: “In questa vicenda non si tratta di vedere “Dallas” o “I Puffi”. Qui sono in gioco principi molto importanti. La Corte costituzionale, in una sentenza dell’81, ha messo in guardia dal rischio che si formi un monopolio nell’emittenza televisiva privata. Per me queste sentenze hanno il valore di legge e nella motivazione accompagnata al decreto di sequestro ho scritto tutto, punto per punto. Non ho fatto altro che interpretare la legge e applicarla. Questo è il dovere dei giudici.” ( fonte Repubblica)





1985: I giovani avevano il Commodore 64 che subentrò al Vic 20… ma nel 1986 arrivò  anche il primo Pc compatibile Amstrad, che costava in Italia circa un milione di lire ed era venduto abbinato a una stampante ad aghi.  Curiosità: nel 1986 da solo due mesi era entrata in funzione, a Roma e Milano, la nuova rete RTMS (Radio Telephone Mobile System), ma il telefono in auto era una spesa nemmeno valutabile per i comuni cittadini. Solo le aziende e qualche vip potevano. (fonte La Stampa)



L’autoironia, questa sconosciuta dote che dovrebbero imparare tutti ad usare – sembra che in Italia, vedendo non solo i politici, sia scomparsa,ormai la moda è stare arrabbiati in maniera cafona: urlando. Questa pubblicità fa il verso allo snobismo radical chic. Andrebbe bene ancora oggi. Ma andiamo avanti…



1985: geniale. Il concorsone come movimento, che poi non significa anche “moda”? Associare il concorso al prodotto facendogli la reclame!..



a Natale viene resa “moderna” anche la letterina!

Chiudiamo con una lezione di copywriting:


.Che prende in giro bonariamente la cronaca – ahimè ieri come oggi – nera italiana.

Mi alzo in piedi e applauudo a questa lezione di pubblicità italiana, che tanti emuli, ripeto, ha creato.

Agenzia: FCA/SBP
Cliente: Pioneer Hi-Fi
Art Director: Lele Panzeri
Copywriter: Sandro Baldoni




1986 -Pioneer ; Quando non si sapeva cosa fosse l'home teather...(e le dichiarazioni d'amore si facevano in cassette)

Quando nel 1986 non si sapeva cosa fosse l’home teather, il masterizzatore cd, il dvd, e tutto il resto, per essere cool e giovane (ma anche adulto) “tosto” e non “gino”, come si diceva nel gergo paninaristico anni ’80, dovevi avere l’HI-FI … non lo stereo o il radione ma l’hi-fi! L’inglese stava entrando sempre di più nel gergo comune.

Se volevi conquistare la tua bella con le canzoni d’amore, l’iter era il seguente: dovevi duplicarle le nastrocassette e incrociare le dita, sperando che lei, dopo averle ascoltate e testata la tua sensibilità, accettasse un rendez vous. Oltre al SI piaggio e alla cintura el Charro per conquistarla, ci voleva l’hi-fi (non potevi mica  invitarla a casa a vedere il motorino! Al massimo, non abitando da solo, ad ascoltare un po’ di musica).

L’hi-fi era una cosa vip e lo si acquistava anche a rate (per chi non se lo poteva permettere) per mostrarlo ai parenti e agli amici che ti facevano gli auguri come quando si compra una macchina nuova.

Non c’era Internet e i teenager passavano i pomeriggi con LUI, il padrone incontrastato di tutto questo: “il PIONEER”, che proprio nel 1986 lanciò una campagna pubblicitaria vincitrice del premio d’oro come migliore pubblicità, indetto dall’ADCI: e sono pienamente d’accordo, perché fonde umorismo e ironia, linguaggio giovanile e satira, moda e attualità per far conoscere il suo prodotto; qualità che sposo appieno per la riuscita di una buona campagna pubblicitaria.

Guardiamole una ad una


I teenager non paninari, anticonformisti, vivevano ascoltando blues e jazz anziché italo dance?
Bene, qui si cita il glorioso film che mitizza il genere, e cita la stanza formata da un disordine animalesco… (con grandi cazziate delle mamme: “questa stanza è una stalla”).


 per gli amanti del body building....



geniale: un diversivo alla collezione di farfalle.



Questa è bellissima e non c'è bisogno di spiegazioni....



La D.C iniziava a decadere.......


Lacreme napulitane: in una libreria di libri ed oggetti antichi spunta un modernissimo (per allora) Pioneer.

 

Io le trovo bellissime, e voi?

Agenzia: FCA/SBP
Cliente: Pioneer Hi-Fi

Art Director: Lele Panzeri
Copywriter: Sandro Baldoni
Photographer: Christopher Broadbent

Fonte immagini: www.adci.it



Fonte immagini: www.adci.i





1975 - Robe di Kappa - Dove ci siamo già visti?














Sentiamo molto spesso parlare della contraffazione del made in Italy, da quello alimentare a quello della moda. Il problema, però, c’è sempre stato: negli anni 70′ era molto sentito non solo tra grandi griffe ma anche tra marchi più “casual”.

Mi piace pensare che  il maglificio torinese in una sagace campagna pubblicitaria della “Robe di Kappa” abbia risposto a questo problema “imitando” a sua volta i grandi brand.
Con il claim “ Dovè che ci siamo già visti?” ricordava che il suo marchio lo si trovava dappertutto anche imitato!

 

Trovo la campagna geniale e “citata” a sua volta un milione di volte…  in realtà, però, la pubblicità  fu concepita per lanciare i nuovi prodotti del marchio, non solo polo e magliette ( i suoi prodotti più famosi)  ma anche pullover e cardigan. Tutto sommato, volendo fare l’esegeta di questa comunicazione, trovo più affascinante la mia prima ipotesi.

Tra l’altro il marchio era talmente conosciuto e in voga che poteva permettersi di pubblicizzare il prodotto senza mostrarlo.